La solitudine dei numeri primi – frasi
Questo post è dedicato alle frasi de La solitudine dei numeri primi, successo editoriale, divenuto poi film al cinema
Ci sono esordi letterali che sono stati sfolgoranti. Uno di questi esordi è sicuramente rappresentato dal bel libro di Paolo Giordano La solitudine dei numeri primi, subito insignito del Premio Strega nel 2008.
Abbiamo deciso di riportare del libro La solitudine dei numeri primi alcune frasi, per far ben capire che non trattasi di un saggio di teoria dei numeri bensì di una storia struggente ed evocativa, laddove i numeri primi, e più in particolare i numeri primi gemelli, rappresentano quelle persone che sono talmente vicine da toccarsi quasi senza sfiorarsi. Una metafora che ha affascinato milioni di persone, ha toccato le corde della sensibilità di tantissima gente
Naturalmente abbiamo scelto alcune frasi, ma il libro ne è zeppo e chiediamo un aiuto a tutti voi per completare adeguatamente questo post. A ogni buon conto, ecco le nostre
Frasi de La solitudine dei numeri primi
- I numeri primi sono divisibili soltanto per 1 e per se stessi. Se ne stanno al loro posto nell’infinita serie dei numeri naturali, schiacciati come tutti fra due, ma un passo in là rispetto agli altri. Sono numeri sospettosi e solitari e per questo Mattia li trovava meravigliosi
- Perchè l’amore di chi non amiamo si deposita sulla superficie e da li evapora in fretta.
- Succedeva nei film e succedeva nella realtà, tutti i giorni. La gente si prendeva quello che voleva, si aggrappava alle coincidenze, quelle poche, e ci tirava su un’esistenza
- Mattia lo faceva apposta a essere così silenzioso in ogni suo movimento. Sapeva che il disordine del mondo non può che aumentare, che il rumore di fondo crescerà fino a coprire ogni segnale coerente, ma era convinto che misurando attentamente ogni suo gesto avrebbe avuto meno colpa di questo lento disfacimento.
- Dipendeva da quel luogo, ci si era attaccata con l’ostinazione con cui ci si attacca soltanto alle cose che fanno male
- Vivevano la lenta e invisibile compenetrazione dei loro universi, come due astri che gravitano intorno a un asse comune, in orbite sempre più strette, il cui destino chiaro è quello di coalescere in qualche punto dello spazio e del tempo
- Perché lei e Mattia erano uniti da un filo elastico e invisibile, sepolto sotto un mucchio di cose di poca importanza, un filo che poteva esistere soltanto fra due come loro: due che avevano riconosciuto la propria solitudine l’uno nell’altra.
- La maestra restava a guardarla, più impaurita di lei, con la vaga speranza che quella ritardata potesse davvero prendere il volo, una volta o l’altra.
- Mattia pensava che lui e Alice erano così, due primi gemelli, soli e perduti, vicini ma non abbastanza per sfiorarsi davvero
- Michela colorava per tutto il giorno disegni prestampati, andando meticolosamente fuori dai contorni e assegnando i colori a caso.
- Gli approcci sono tutti uguali, come le aperture negli scacchi. Non bisogna inventarsi niente, non serve, perché tanto si è in due a cercare la stessa cosa. Poi il gioco trova da sé la sua strada ed è solo a quel punto che ci va la strategia.
- Aveva imparato a rispettare il baratro che lui aveva scavato tutto intorno a sé… anni prima aveva provato a saltarlo quel baratro e ci era cascata dentro… Ora si accontentava di sedersi sul ciglio con le gambe a penzoloni nel vuoto. La voce di Mattia non smuoveva più nulla nel suo stomaco, ma l’idea di lui era presente e lo sarebbe stata sempre, come l’unico vero termine di paragone per tutto quello che era venuto dopo
- Come ci si sente stupidi a pensare a tutto il tempo che sprechiamo a desiderare di essere altrove.
- Se i malati fossero in grado di ascoltare il pensiero, in grado di capire chi sta in piedi di fianco a loro e dialoga nella propria testa, come se la malattia potesse aprire tra le persone un diverso canale di percezione
- L’amore di chi non amiamo si deposita sulla superficie e da lì evapora in fretta
- I due nuovi arrivati si guardarono intorno, come prede accerchiate, ma la verità è che nessuno, della trentina di ragazzi sparsi nella stanza, fece caso a loro.
- Gli eccessi del mondo, di qualunque forma essi fossero, non lo riguardavano davvero, cozzavano contro il suo equilibrio e il suo raziocinio e lui preferiva ignorarli, fingere semplicemente che non esistessero
- Alice aveva ancora sulle labbra il ricordo sciapo di un bacio a stampo in terza media.
- Il professore pensò che era un altro di quelli che nello studio riescono bene perché nella vita sono dei fessi. Quelli così, non appena finiscono fuori dal solco ben tracciato dell’università, si rivelano sempre dei buoni a nulla, commentò fra sé
- Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero. Numeri come l’11 e il 13, come il 17 e il 19, il 41 e il 43. Se si ha la pazienza di andare avanti a contare, si scopre che queste coppie via via si diradano. Ci si imbatte in numeri primi sempre più isolati, smarriti in quello spazio silenzioso e cadenzato fatto solo di cifre e si avverte il presentimento angosciante che le coppie incontrate fino a lì fossero un fatto accidentale, che il vero destino sia quello di rimanere soli. Poi, proprio quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatte in altri due gemelli, avvinghiati stretti l’uno all’altro. Tra i matematici è convinzione comune che per quanto si possa andare avanti, ve ne saranno sempre altri due, anche se nessuno può dire dove, finché non li si scopre.
- Come ci si sente stupidi a pensare a tutto il tempo che sprechiamo a desiderare di essere altrove
- Dipendeva da quel luogo, ci si era attaccata con l’ostinazione con cui ci si attacca soltanto alle cose che fanno male.
- Sapeva che tutta la violenza è racchiusa nella precisione di un dettaglio
- Sentirsi speciali è la peggiore delle gabbie che uno possa costruirsi
- Il secondo pensiero lo sfiorava soprattutto di sera, nell’intrecciarsi caotico di immagini che precede il sonno, quando la mente è troppo debole per raccontarsi delle bugie.
- C’era uno spazio comune tra di loro, i cui confini non erano ben delineati, dove sembrava non mancare nulla e dove l’aria pareva immobile, imperturbata.