Parolacce e insulti in veneto
Ecco una lista di parolacce e insulti in veneto.
Dopo i vari dialetti e lingue, è giunto il momento di conoscere le parolacce e gli insulti in veneto. Alcuni modi di dire ed espressioni riportate di seguito sono veramente esilaranti, altre divertenti, altre molto dirette e pesanti, per cui… memorizzate, ma andateci piano: qualche vostro amico, parente o conoscente veneto potrebbe non prenderla bene! Ancora una volta il detto: “il dialetto rafforza il concetto” ha il suo incredibile successo, perché anche in questo caso vi assicuro che le espressioni offensive, con annessa traduzione, vi faranno sbellicare dalle risate e vi sorprenderà come alcune metafore possano provocare così tanto. Ma non dilunghiamoci troppo, se siete qui è perché volete conoscere parolacce ed insulti in veneto e noi vi abbiamo accontentato. Vi lasciamo con la ricca rassegna che abbiamo ideato per voi di
Parolacce e insulti in veneto
- Te si un coion = tu sei un coglione;
- Va in cùeo da to mare = espressione comunissima, forse la più usata, che sta a significare l’invito ad una persona ad avere un rapporto sessuale anale con la propria madre;
- Va in cùeo = intercalare dell’espressione precedente; vi sono anche altre varianti: “Va in buèo”(rapporto più profondo), “Tuti chei cani che ti gà in stiva”, cioè ad un livello più basso, e quindi sottoterra;
- Teròn = terrone, persona proveniente dal Sud Italia, il termine è usato con accezione negativa;
- Va in mona a to àmia = va nel sesso di tua zia;
- Chei cani dei to morti = modo di dire, anch’esso comune, che sta a significare letteralmente: “i tuoi parenti, quelli morti, sono dei cani”. Probabilmente deriva anche da un cane raffigurato in certe lapidi turche. E qui la faccenda si ingarbuglia. Esiste anche una variante: “I to morti” (semplice) , “Varemengo ti ta morti” (composto) , “Chei becanassi de tuti i to morti” (i parenti anzidetti sarebbero traditi, in vita, dalla propria moglie), “Va in boca de tuti i to morti” : frase molto forte riservata a pochi eletti che starebbe a significare un rapporto sessuale che prevede l’inserimento del pene nella bocca dei parenti morti del tuo amico;
- Ghe/te sboro : gettare il proprio sperma contro qualcuno. Frase comunissima detta per avvalorare le proprie tesi. Ultimamente se ne fa abuso mettendola come rafforzativo in qualsiasi frase. Una specie di “cioè” italiano;
- Va in mona a to sorela = vai nel sesso di tua sorella;
- Col casso = figurarsi/scherzi? no di certo;
- Slavo/polacco : persona che non è vestita alla moda, mal vestito;
- Va in mona! = sta per “vattene”, oppure per “ma che dici mai”! Rivela quindi fastidio, irritazione;
- Goldòn = preservativo. Dare del Goldòn a qualcuno significa associarlo al preservativo. La parola Goldòn deriva dalla pubblicità delle confezioni di profilattici importati dagli americani nel dopoguerra che diceva “Gold-one!”;
- Ma ti ghe gà magnà ea merda al mago? = domanda atta a deridere l’avversario facendogli capire che quella cosa detta da lui è scontata. La merda del mago sarebbe magica ma sempre uno scarto;
- Imatonìo = persona che assomiglia ad un mattone e quindi che dimostra di essere scemo e duro di comprendonio;
- Ma ti se sbregà/sclerà/fusià = letteralmente: “sei rotto?” come per dire che qualcosa in te qualcosa non funziona;
- Date cò un legno = prendere un pezzo di legno e picchiarsi in testa con lo stesso. Frase abbastanza recente che significherebbe invitare una persona a mettere la testa a posto;
- Casso = persona un po’ imbranata. “Casso” messo come termine di una frase funge da rafforzativo;
- Magnasborae = insulto forte che si rivolge ad una persona antipatica. La si considera come colui che si ciba di sperma umano;
- S-ciopà = letteralmente scoppiato. Rivolto ad un alcolizzato, un drogato o ad una persona che sembra tale;
- Tasi mona = sta zitto stupido;
- Tacagà = domanda rivolta ad un individuo per sapere chi è che, invece di partorirlo, lo ha defecato. Modo di dire anch’esso comune che viene detto in molte situazioni del tipo: rimproverare l’amico che ha sbagliato, fargli sapere che invece di fare una cosa poteva farne un’altra;
- Mòngoeo = persona che ha dei tratti somatici simili a quelli di un mongoloide, altrimenti una persona che proviene dalla nazione della Mongolia: retaggio della Serenissima ai tempi del solito Marco Polo dove vede per acerrimo nemico il cattivo abitante della Mongolia. Comunque sembra che la prima ipotesi sia più veritiera;
- Te vegno in torteìn = penetrare nell’ano col proprio pene che in questo caso assomiglia ad un tortellino soprattutto quando il penetrato/a non ha assolutamente voglia e quindi ha i muscoli rettali contratti;
- Muso da mona = faccia da vagina, classicissima espressione veneziana e non per riferirsi a qualcuno, additandolo come uno stupido o un inetto;
- Ma ti gà e moròidi in testa? = domandare ad una persona se sulla sua testa ha delle emorroidi significa dare praticamente della “faccia da culo”;
- Quea sfondrada de to mare = la madre dell’amico avrebbe, secondo noi, la vagina rotta a malomodo per ripetuti inserimenti di oggetti di qualsiasi genere magari di misura spropositata;
- Chea rotinboca de to mare = insulto significante che la madre usa succhiare spessissimo il pene di qualsiasi persona gli capita davanti fino alla rottura dei lati della bocca;
- Sboràe sol pèto = getti di sperma sul petto. Nuovissima figura retorica, in rapida espansione, per minimizzare un contesto da altri ritenuto importante;
- Va remengo ti e tò sènare = invitare qualcuno ad errare assieme alla cenere dei suoi parenti defunti;
- Ti se scapeà? = letteralmente significa: “sei fesso?”. Scapeà significa mettere in mostra il prepuzio con forza e decisione anche a costo di “romperse el fiéto” di antica memoria scolastica;
- Smonà = sfigato;
- Tumòr/impestà = il termine è rivolto ad una persona che non sta bene o che è di brutto aspetto;
- Chea vaca de to mare = quella vacca di tua madre;
- Bàsime i durèi = invitare a baciare lo stomaco di pollo. Secondo molti i “durèi” non sarebbero altro che i testicoli (e suonerebbe molto meglio);
- Te vegno col saltìn = ammonire la prossima eiaculazione verso chi ci sta davanti. L’atto viene avvalorato da un piccolo salto al momento cruciale nel tentativo di gettare ancora più violentemente lo sperma.