Frasi di Fabrizio De Andrè

frasi e aforismi celebri di Fabrizio de andrè, il cantautore ligure diventato iconaFrasi di Fabrizio De Andrè, il poeta della musica italiana…

Se ne andarono quasi insieme, Lucio Battisti e Fabrizio De Andrè. Diversi, diversissimi tra loro ma, e qui sta la grandezza della musica (della loro musica), con migliaia di fan in comune.

In questo post andremo un po’ a vedere alcune frasi di Fabrizio De Andrè, raffinato cantautore, uno che non avesse fatto il cantante avrebbe potuto fare qualsiasi altra cosa ad altissimo livello, dal medico al politico, dallo scrittore all’ingegnere.

Arguto, poliedrico, caustico ma lungimirante, De Andrè è stato e rimane non tanto una voce unica quanto piuttosto per i contenuti e i messaggio delle sue canzoni, che hanno la levità di una poesia e la profondità di saggi accademici.

Ecco a voi ciò che abbiamo selezionato in merito alle

Frasi di Fabrizio De Andrè

  • Dormi sepolto in un campo di grano non è la rosa non è il tulipano che ti fan veglia dall’ombra dei fossi ma sono mille papaveri rossi.
  • Benedetto Croce diceva che fino a diciotto anni tutti scrivono poesie e che, da quest’età in poi, ci sono due categorie di persone che continuano a scrivere: i poeti e i cretini. Allora, io mi sono rifugiato prudentemente nella canzone che, in quanto forma d’arte mista, mi consente scappatoie non indifferenti, là dove manca l’esuberanza creativa.
  • Cantavo imitando Modugno e d’altronde come si poteva non subire la sua influenza?
  • Dopo che ci si prende a schiaffi per dieci anni o si diventa amici o ci si ammazza.
  • Gesù di Nazareth […] secondo me è stato ed è rimasto il più grande rivoluzionario di tutti i tempi.
  • Io ho tentato in tutti i modi di poter essere un uomo. Avrei potuto esprimermi per esempio attraverso la coltivazione dei fiori se fossi vissuto ad Albenga, oppure attraverso l’allevamento delle vacche se non mi avessero venduto di soppiatto una fattoria che avevano i miei nel ’54. Mi è accaduto di fare il cantautore. Il fatto di diventare un artista, in qualche maniera, ti impedisce di diventare uomo in maniera normale. Quindi credo che ad un certo punto della tua vita tu devi recuperare il tempo che hai perduto per fare l’artista per cercare di diventare un uomo.
  • Tutte le sere quando finisco un concerto desidererei rivolgermi alla gente e dire loro: “tutto quello che avete ascoltato fino adesso è assolutamente falso, così come sono assolutamente veri gli ideali e i sentimenti che mi hanno portato a scrivere queste cose e a cantarle”. Ma con gli ideali e con i sentimenti si costruiscono delle realtà sognate. La realtà, quella vera, è quella che ci aspetta fuori dalle porte del teatro. E per modificarla, se vogliamo modificarla, c’è bisogno di gesti concreti, reali.
  • La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi: ventiquattro mila chilometri di foreste, di campagne, di coste immerse in un mare miracoloso dovrebbero coincidere con quello che io consiglierei al buon Dio di regalarci come Paradiso. I sardi a mio parere deciderebbero meglio se fossero indipendenti all’interno di una comunità europea e mediterranea.
  • Mai visto un musicista comunicare col pubblico come sa fare Luciano
  • E come tutte le più belle cose vivesti solo un giorno come le rose.
  • Mannerini mi ha insegnato che essere intelligenti non significa tanto accumulare nozioni, quanto selezionarle una volta accumulate, cercando di separare quelle utili da quelle disutili. […] Questa capacità di analisi, di osservazione, praticamente l’ho imparata da lui. Mi ha anche influenzato a livello politico, rafforzando delle idee che già avevo. Sicuramente è stata una delle figure più importanti della mia vita.
  • E mentre marciavi con l’anima in spalle vedesti un uomo in fondo alla valle che aveva il tuo stesso identico umore ma la divisa di un altro colore.
  • Chi va dicendo in giro che odio il mio lavoro non sa con quanto amore mi dedico al tritolo.
  • Riccardo Mannerini era un altro mio grande amico. Era quasi cieco perché quando navigava su una nave dei Costa una caldaia gli era esplosa in faccia. È morto suicida, molti anni dopo, senza mai ricevere alcun indennizzo. Ha avuto brutte storie con la giustizia perché era un autentico libertario, e così quando qualche ricercato bussava alla sua porta lui lo nascondeva in casa sua. E magari gli curava le ferite e gli estraeva i proiettili che aveva in corpo. Abbiamo scritto insieme il Cantico dei Drogati, che per me, che ero totalmente dipendente dall’alcool, ebbe un valore liberatorio, catartico. Però il testo non mi spaventava, anzi, ne ero compiaciuto. È una reazione frequente tra i drogati quella di compiacersi del fatto di drogarsi. Io mi compiacevo di bere, anche perché grazie all’alcool la fantasia viaggiava sbrigliatissima.[16]
  • Questo nostro mondo è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti?
  • [Sul Festival di Sanremo] Se si trattasse ancora di una gara di ugole, […] si trattasse cioè di un fatto di corde vocali, la si potrebbe ancora considerare una competizione quasi sportiva, perché le corde vocali sono pure sempre dei muscoli. Nel caso mio, dovrei andare ad esprimere i miei sentimenti, o la tecnica attraverso i quali io riesco ad esprimerli, e credo che questo non possa essere argomento di competizione.
  • Si lamentano degli zingari? Guardateli come vanno in giro a supplicare l’elemosina di un voto: ma non ci vanno a piedi, hanno autobus che sembrano astronavi, treni, aerei: e guardateli quando si fermano a pranzo o a cena: sanno mangiare con coltello e forchetta, e con coltello e forchetta si mangeranno i vostri risparmi. L’Italia appartiene a cento uomini, siamo sicuri che questi cento uomini appartengano all’Italia?
  • Vengo da Amburgo, vengo da Francoforte, vengo dalla Sardegna ma vengo soprattutto da Genova. Genova, che tutte le volte che ti ci trovi fuori ti rendi conto che è una città soprattutto da rimpiangere. Nel senso che ci nasci e ci vivi fino a vent’anni – dove un nostro amico poeta diceva che si arde di inconsapevolezza – poi a vent’anni cerchi di trovare lavoro e […] ti rendi conto che è difficile lavorarci. Allora te ne vai. E dopo che te ne sei andato cominci a rimpiangerla.