Frasi di Giovanni Falcone

frasi di giovanni falconeEcco un post su quelle che sono le frasi di Giovanni Falcone.

Giovanni Falcone è stato un magistrato italiano che ha dedicato la sua vita alla lotta contro uno dei mali sociali più grandi di sempre: la mafia.

Non si è mai tirato indietro, nonostante i rischi a cui questo fenomeno esponeva, e questo perché era mosso da un grande spirito di servizio verso lo Stato Italiano. La sua impresa più grande fu identificare Cosa Nostra e, grazie al suo infallibile metodo di indagine, il fatto di essere riuscito a porre fine ad un processo del genere, un processo che, fino ad allora, era sempre stato rimandato a causa di insufficienza di prove.

Nell’articolo di oggi andremo ad elencarvi quelle che sono le citazioni più famose di questo magistrato diventato ”famoso” per via della sua tenacia a livello internazionale.

Vi presentiamo, dunque, la nostra raccolta di

Frasi di Giovanni Falcone

  • La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.
  • La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.
  • Noi del pool antimafia abbiamo vissuto come forzati: sveglia all’alba per studiare i dossier prima di andare in tribunale, ritorno a casa a tarda sera. Nel 1985 io e Paolo Borsellino siamo andati in «vacanza» in una prigione, all’Asinara, in Sardegna per stendere il provvedimento conclusivo dell’istruttoria del maxiprocesso.
  • Scelti dopo durissima selezione, obbedienti a regole severe, gli uomini d’onore sono dei veri professionisti del crimine. Anche quando si definiscono « soldati », sono in realtà dei generali. O meglio cardinali di una chiesa molto meno indulgente di quella cattolica.
  • Entrare a far parte della mafia equivale a convertirsi a una religione. Non si cessa mai di essere preti. Né mafiosi.
  • Ci si dimentica che il successo delle mafie è dovuto al loro essere dei modelli vincenti per la gente. E che lo Stato non ce la farà fin quando non sarà diventato esso stesso un «modello vincente».
  • Per lungo tempo si sono confuse la mafia e la mentalità mafiosa, la mafia come organizzazione illegale e la mafia come semplice modo di essere. Quale errore! Si può benissimo avere una mentalità mafiosa senza essere un criminale.
  • I risultati si ottengono con un impegno duro, continuo, quotidiano. Senza bluff. Senza dilettantismi. Dato che la lotta che stiamo combattendo è una vera e propria guerra coi suoi morti e i suoi feriti, come tutte le guerre deve essere combattuta con il massimo impegno e la massima serietà.
  • La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.
  • Avete chiuso cinque bocche, ne avete aperte 50 milioni.
  • Se vogliamo combattere efficacemente la mafia, non dobbiamo trasformarla in un mostro né pensare che sia una piovra o un cancro. Dobbiamo riconoscere che ci rassomiglia.
  • Appena la presenza dello Stato in Sicilia si indebolisce, il livello di scontro di alza. E il mafioso diventa più sicuro di sé, più convinto della propria impunità Il dialogo Stato/mafia, con gli alti e bassi tra i due ordinamenti, dimostra chiaramente che Cosa Nostra non è un anti-Stato, ma piuttosto una organizzazione parallela che vuole approfittare delle storture dello sviluppo economico, agendo nell’illegalità e che, appena si sente veramente contestata e in difficoltà, reagisce come può, abbassando la schiena.
  • Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi saremmo tutti bravi e irreprensibili.
  • Un’affermazione del genere mi costa molto, ma se le istituzioni continuano nella loro politica di miopia nei confronti della mafia, temo che la loro assoluta mancanza di prestigio nelle terre in cui prospera la criminalità organizzata non farà che favorire sempre di più Cosa Nostra.
  • La mafia a volte è articolazione del potere, a volte antitesi dello Stato dominatore.
  • La mescolanza tra società sana e società mafiosa a Palermo è sotto gli occhi di tutti e l’infiltrazione di Cosa Nostra costituisce la realtà di ogni giorno.
  • L’insulto più sanguinoso per un uomo d’onore consiste nell’affibbiargli l’appellativo di « sbirro » o di « infame». Ricordo in proposito che a Trapani negli anni Sessanta, agli inizi della mia carriera, durante un litigio tra Mariano Licari, boss di Marsala, e un altro mafioso, « Sei uno sbirro » gridò il primo. E l’altro ribatté: « Se io sono uno sbirro, tu sei un carabiniere a cavallo ». Ho capito, in quel momento, quale viscerale avversione nutra il mafioso nei confronti dei rappresentanti dello Stato.
  • Come evitare di parlare di Stato quando si parla di mafia?
  • Che le cose siano così, non vuol dire che debbano andare così, solo che quando si tratta di rimboccarsi le maniche ed incominciare a cambiare, vi è un prezzo da pagare, ed è, allora, che la stragrande maggioranza preferisce lamentarsi piuttosto che fare.
  • Lo stesso meccanismo di espulsione, praticamente, che si ritrova tra gli eschimesi e presso altri popoli che abbandonano i vecchi, i malati gravi, i feriti perché intralciano il loro cammino in una terra ostile, mettendo in pericolo la sopravvivenza di tutti. In un gruppo come la mafia, che deve difendersi dai nemici, chi è debole o malato deve essere eliminato.
  • Si muore generalmente perché si è soli o perché si è entrati in un gioco troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno. In Sicilia la mafia colpisce i servitori dello Stato che lo Stato non è riuscito a proteggere.
  • L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio, è incoscienza.
  • Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.
  • Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini.
  • Nei momenti di malinconia mi lascio andare a pensare al destino degli uomini d’onore: perché mai degli uomini come gli altri, alcuni dotati di autentiche qualità intellettuali, sono costretti a inventarsi un’attività criminale per sopravvivere con dignità?
  • La mafia non è una società di servizi che opera a favore della collettività, bensì un’associazione di mutuo soccorso che agisce a spese della società civile e a vantaggio solo dei suoi membri.
  • Ma con quali strumenti affrontiamo oggi la mafia? In un modo tipicamente italiano, attraverso una proliferazione incontrollata di leggi ispirate alla logica dell’emergenza. Ogni volta che esplode la violenza mafiosa con manifestazioni allarmanti o l’ordine pubblico appare minacciato, con precisione cronometrica viene varato un decreto-legge tampone volto a intensificare la repressione, ma non appena la situazione rientra in una apparente normalità, tutto cade nel dimenticatoio e si torna ad abbassare la guardia.
  • È tutto teatro. Quando la mafia lo deciderà, mi ammazzerà lo stesso.La magistratura ha sempre rivendicato la propria indipendenza, lasciandosi in realtà troppo spesso irretire surrettiziamente dalle lusinghe del potere politico. Sotto la maschera di un’autonomia formale, il potere ci ha fatto dimenticare la mancanza di un’autonomia reale. Abbiamo sostenuto con passione la tesi del pubblico ministero indipendente dall’esecutivo, accorgendoci troppo tardi che, per un pubblico ministero privo di mezzi e delle capacità per un’azione incisiva, autonomia e indipendenza effettive sono un miraggio o un privilegio di casta.
  • La mafia è razionale, vuole ridurre al minimo gli omicidi. Se la minaccia non raggiunge il segno, passa a un secondo livello, riuscendo a coinvolgere intellettuali, uomini politici, parlamentari, inducendoli a sollevare dubbi sull’attività di un poliziotto o di un magistrato ficcanaso, o esercitando pressioni dirette a ridurre il personaggio scomodo al silenzio. Alla fine ricorre all’attentato. Il passaggi all’azione è generalmente coronato da successo, dato che Cosa Nostra sa fare bene il suo mestiere.
  • Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell’esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell’amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere.
  • Niente è ritenuto innocente in Sicilia, né far visita al direttore di una banca per chiedere un prestito perfettamente legittimo, né un alterco tra deputati né un contrasto ideologico all’interno di un partito. Accade quindi che alcuni politici a un certo momento si trovino isolati nel loro stesso contesto. Essi allora diventano vulnerabili e si trasformano inconsapevolmente in vittime potenziali.
  • Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di Cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l’impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi.
  • Possiamo sempre fare qualcosa: massima che andrebbe scolpita sullo scranno di ogni magistrato e di ogni poliziotto.
  • Per vent’anni l’Italia è stata governata da un regime fascista in cui ogni dialettica democratica era stata abolita. E successivamente un unico partito, la Democrazia cristiana, ha monopolizzato, soprattutto in Sicilia, il potere, sia pure affiancato da alleati occasionali, fin dal giorno della Liberazione. Dal canto suo, l’opposizione, anche nella lotta alla mafia, non si è sempre dimostrata all’altezza del suo compito, confondendo la lotta politica contro la Democrazia cristiana con le vicende giudiziarie nei confronti degli affiliati a Cosa Nostra, o nutrendosi di pregiudizi: “Contro la mafia non si può far niente fino a quando al potere ci sarà questo governo con questi uomini.
  • Non rimpiango niente, anche se a volte percepisco nei miei colleghi un comprensibile desiderio di tornare alla normalità: meno scorte, meno protezione, meno rigore negli spostamenti. E allora mi sorprendo ad aver paura delle conseguenze di un simile atteggiamento: normalità significa meno indagini, meno incisività, meno risultati. E temo che la magistratura torni alla vecchia routine: i mafiosi che fanno il loro mestiere da un lato, i magistrati che fanno più o meno bene il loro dall’altro, e alla resa dei conti, palpabile, l’inefficienza dello Stato.
  • Le leggi non servono se non sono sorrette da una forte e precisa volontà politica, se non sono in grado di funzionare per carenza di strutture adeguate e soprattutto se le strutture non sono dotate di uomini professionalmente qualificati.
  • La mafia è l’organizzazione più agile, duttile e pragmatica che si possa immaginare rispetto alle istituzioni e alla società nel suo insieme.
  • Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole. Se dovessimo dar credito ai discorsi, saremmo tutti bravi e irreprensibili.
  • L’importante non è stabilire se uno ha paura o meno, è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.
  • La mafia già da molto tempo funge da modello per la criminalità organizzata. Ne consegue che questa sostanziale unitarietà del modello organizzativo consente di utilizzare il termine mafia in senso ampio per tutte le più importanti organizzazioni criminali.