Frasi e aforismi sui papaveri

frasi e aforismi sui papaveriEcco a voi una lista di frasi e aforismi sui papaveri.

“Lo sai che i papaveri sono alti, alti, alti…” recita una celebre canzone ed infatti i papaveri sono piante erbacee annuali che riescono a raggiungere altezze pari a 80 – 90 centimetri.

Hanno dei petali molto lisci e delicati, caduchi, dai colori molto vivaci ed accesi, con macchioline nere sparse qua e là. I petali e i semi (piccolissimi) dei papaveri hanno proprietà sedative. Per tutte queste caratteristiche, il papavero è un fiore veramente speciale, oltre che bellissimo; per non parlare dello splendore di un campo di papaveri: sensazionale!

Abbiamo raggruppato, nella lista che segue, una serie di frasi sui papaveri. Scopriamo insieme la nostra rassegna di

Frasi e aforismi sui papaveri

  • In un tempo lontano accadde un giorno che il Sole, mentre camminava attraverso la volta celeste, cominciò a dolersi dicendo: “Oh! Questi giorni d’estate sono così lunghi, e nemmeno una nuvoletta che mi faccia compagnia. In questi giorni il tempo sembra, non passare mai!”. Gli spiriti dell’aria che udirono le sue parole, non sapendo cosa fare, decisero di chiedere aiuto ai folletti dei boschi. Questi si riunirono e discussero a lungo, perché era veramente difficile trovare qualcosa di così bello e sempre nuovo,così da vincere la malinconia del sole. Pensa e ripensa, discuti e ridiscuti, alla fine tutti si convinsero che non c’era niente di più bello e vario dei fiori. “Chiederemo alla terra di inventare un nuovo fiore”, disse uno, ma il folletto più vecchio e saggio disse: “Il fiore che doneremo al Sole, in segno di ringraziamento, dovrà essere un fiore speciale, un fiore nuovo e mai visto, dovrà nascere dai sogni di un bambino”. Fu dunque deciso. Tutti partirono alla ricerca di fiori, sognati, inventati, o disegnati dai bambini di tutta la terra.I giorni passarono e dopo un lungo cercare, si ritrovarono nel cuore del bosco. Ognuno portava con sé le immagini bellissime dei fiori sognati dai bambini che avevano incontrato nel loro peregrinare. Erano fiori grandi e piccoli, umili e sfarzosi, fiori di carta o di seta, fiori di cristallo o di semplici fili d’erba intrecciati, fiori d’oro o d’argento. Era veramente difficile scegliere il fiore più bello, tanto che i folletti cominciarono a discutere e a litigare tra di loro. Ma ecco, che la porta si aprì lentamente, cigolando, nel silenzio improvviso che regna nel cuore della foresta: nessuno dei folletti si era accorto che il più piccolo di loro non era ancora ritornato dal suo viaggio. Lo videro entrare ancora affannato e stanco per il lungo cammino, e con sé, non aveva che una piccolissima scatola. Tutti lo osservarono con curiosità, e pensando che tanta fatica lo aveva portato a quella scatolina insignificante, scoppiarono in una fragorosa risata. Ma il più vecchio e saggio, li zittì, chiedendo al piccolo Evelino, di raccontare per primo la sua storia. Ancora ansante e un poco intimorito, Evelino cominciò il suo racconto: “Ho viaggiato nei sogni dei bambini, ed ogni volta credevo di aver trovato il fiore più bello,  così lo raccoglievo e lo portavo con me. Ma quando lo riponevo nel cesto con gli altri fiori, rimanevo stupito e guardando il cesto rimanevo incantato e non sapevo più riconoscere il più bello. Così continuai a cercare, e cercare ancora, e il mio cesto fu presto colmo. Decisi allora di ritornare, quando un vento dispettoso venne e cominciò a soffiare e soffiare sempre più forte, finché perduto il mio cammino, turbinando mi portò con sé. Quando la bufera si placò, mi ritrovai nei pressi di una capanna, sperduta tra i monti. Qui viveva un bambino molto povero; non aveva i soliti giocattoli delle vetrine di città, ma era ricco di fantasia e ogni volta sapeva inventare o creare nuovi giochi, usando sassi, fili d’erba e pezzi di legno. Lo vidi correre e saltare nel suo piccolo regno, quand’ecco trovò fra l’erba del prato un foglio di carta leggera che il vento aveva lasciato cadere. Lo raccolse, lo porto in casa e lo colorò con l’unico pastello che possedeva, di un bel rosso vivo. Ritagliò i petali delicati e li cucì tra loro con un sottile filo nero. Ne nacque un fiore così bello, come non ne avevo mai visto. Lasciai in dono al bambino il cesto con tutti i fiori raccolti, e gli chiesi in cambio quel suo unico fiore. Intanto che raccontava, il piccolo folletto aprì la piccola scatola, e alla vista di quel fiore tanto intenso quanto delicato, tutti rimasero incantati. Allora il più vecchio disse:”Piccolo Evelino, hai scelto col cuore. Il fiore che hai portato verrà dato alla Terra, perché lo custodisca, e possa farlo nascere. Esso fiorirà nei campi di grano, e tra le spighe selvatiche sul ciglio dei fossi; mischierà il suo colore a quello del sole, perché sempre si ricordi che nacque per portare gioia e serenità. “Quando poi il sole vide il nuovo fiore rosseggiare tra le spighe dorate,commosso per il dono ricevuto,lo ricambiò donandogli la sua luce. E ancora oggi, nel tramonto delle sere d’estate, i papaveri, come fiammelle accese, portano memoria di quel tempo che fu.
  • Il fiore di papavero è generoso.
  • I poveri: non ci vuole niente a farli apparire briganti e malfattori; non è la stessa cosa per i papaveri, che hanno qualche titolo onorifico.
  • Chiazze di rosso fra campi di grano, ondeggiano papaveri, lunghi esili steli, dondolano corolle di purpurea seta. Par sussurrino al vento passione ed ardore, invitano gli amanti ad amarsi finché c’è tempo, di non perdere l’occasione. Ma al cuore, ferito d’amore, ben altro è il lor significato: fior della consolazione, il papavero è anche chiamato per aver alleviato con il sonno di Demetra, la disperazione sopendone il dolore.
  • Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti, e tu sei piccolina, e tu sei piccolina, lo sai che i papaveri son alti, alti, alti, sei nata paperina, che cosa ci vuoi far?!
  • Un paese a cui la colomba diede in prestito il suo collare, e il pavone rivestì dal manto delle sue penne. Par che quei papaveri sian vino e i piazzali delle case siano i bicchieri.
  • Su un campo di grano che dirvi non so, un dì Paperina col babbo passò e vide degli alti papaveri al sole brillar… e lì s’incantò. La papera al papero chiese: “Papà, pappare i papaveri, come si fa?” – “Non puoi tu pappare i papaveri” disse Papà.
  • L’estate ha toccato con le labbra il seno della nuda terra. E ha lasciato il segno rosso di un papavero.
  • Il campo di frumento è cosi bello solo perché ci sono dentro i fiori di papavero e di veccia; ed il tuo volto pallido perché è tirato un poco indietro dal peso della lunga treccia.
  • Felici i giorni in cui il fato ti riempie di lacrime ed arcobaleni, della lussuria che tenta i papaveri con turbinii e voglie.
  • Spiccava solitario in mezzo all’erba un papavero rosso: era adagiato e la corolla, al solito superba, pendeva dallo stelo reclinato. Mi vide e il gambo sollevò, piangendo: “Se in questo sconfinato campo io sono l’unico fior della mia specie, orrendo è il mio destino”. E in accorato tono: “Dunque a chi giovo? Perché fui creato?”. M’inginocchiai commosso e lo raccolsi con gesto che mai fu più delicato, per non sciuparne il calice scarlatto. “La vita è un dono – dissi – e, se mi volsi ad ammirarti, il fine è soddisfatto”.
  • Io sono il piccolo papavero, vivo nel prato, tra le spighe di grano, sorrido, sorrido, sempre, anche quando il vento e la pioggia cercano di abbattere me; i bambini mi amano e io gioco con loro, sono l’allegria di ogni prato!
  • Dormi sepolto in un campo di grano non è la rosa, non è il tulipano che ti fan veglia dall’ombra dei fossi, ma sono mille papaveri rossi.